3830 recensioni a vostra disposizione!
   
 

SCREAM Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 5 ottobre 1997
 
di Wes Craven, con David Arquette, Neve Campbell, Courteney Cox (Stati Uniti, 1997)
 
Niente sesso, poiché solo chi è vergine arrischia di sopravvivere; 2) niente alcool, e tantomeno droga; 3) mai dire "torno subito": è il richiamo peggiore per l'assassino...

Sono le tre regole d'oro (chi le conosceva?) dei frequentatori di cinema dell'orrore: uno degli innumerevoli aspetti istruttivi di SCREAM. Poiché, confessiamolo, abbiamo sempre preso sottogamba questo genere cinematografico. Considerato fabbrica di soprassalti magari anche geniali quando inventati dagli occhi raffinati di John Carpenter o David Cronenberg; ma subito degradato a fast food televisivo per adolescenti privati di videogioco.

SCREAM rappresenta allora l'occasione sognata per saperne di più sull'argomento. Perché è uno dei film migliori di un autore nel vero senso della parola, uno degli ultimi cineasti del cinema moderno americano ancora da scoprire, qualcuno che ha affondato le proprie ragioni dapprima nell'eredità dei documentari dal Vietnam, poi nelle riflessioni socio-morali dettate dalla storia più recente: "Tutto ciò del quale si parla nei film contemporanei è il risultato di quanto creato quindici, vent'anni fa. I giovani sanno che il mondo che hanno avuto in eredità non è il loro, ma che dovranno comunque viverci: ecco perché i film d'orrore rappresentano le fiabe moderne. Gli adolescenti di SCREAM sono ancora dei ragazzi, con un appetito di vita primario. In parte però, sono già adulti. Esseri umani in divenire, che dicono ciò che pensano: contrariamente agli adulti che si rifugiano nelle convenzioni."

La forza di SCREAM nasce in effetti dalla sua duplicità. Dal fatto di essere al tempo stesso prodotto; e riflessione sulle ragioni che sono all'origine di quel prodotto. Nasce innanzitutto da quel cinismo disincantato, da quella banalità non necessariamente riprovevole che Wes Craven considera essere alla base della condizione adolescenziale.

È la storia di una liceale, spiata, minacciata dallo stesso serial killer che ha assassinato in passato sua madre. Situazione arcinota: ma basta lo svolgimento delle prime, esemplari sequenze per farci comprendere che di grande cinema, e non di volgare macellazione si tratti. Come nella proverbiale lezione di Hitchcock (ma pure, che so, dell'Oliver Stone di PLATOON) tutto si riassume nel non-detto, nel suggerito, nell'insinuato fuori campo. Importa altrettanto tutto ciò che sta fuori dall'inquadratura, di quanto vi è contenuto. Ed il risultato conduce all'inquietudine, al dubbio, alla rimessa in questione delle certezze, alla destabilizzazione del nostro subconscio: non all'effetto di volgare paura, al soprassalto di spavento. La cinepresa di Craven esplora sovrana gli spazi, gioca come un gatto con i poveri topi rappresentati dai personaggi per non dire degli spettatori, carica i colori saturandone i significati, amplifica i suoni come i silenzi. Ed ancora Hitchcock: con lo spettatore che è obbligato a farsi complice, poiché conosce ciò che i protagonisti ignorano. E l'imprevisto: la protagonista che scompare subito, come in PSYCHO. È il primo livello di SCREAM, quello che delizierà gli aficionados dell'angoscia in immagini.

Ma del film importa soprattutto il secondo: ed eccolo aprirsi subito alla cittadina che contiene l'azione, alla famiglia, al campus, gli amici, scacchiera tragicomica che finisce per comprendere i media, attirati dai delitti che si moltiplicano indisturbati. Sceneggiatura ammirevole (di Kevin Williamson) che organizza le situazioni tipiche dell'horror con la pittura adolescenziale, sottolineata con il tratto quasi rabbioso della satira. Storie di prime scaramucce sessuali: ma pure comportamenti vieppiù ambigui, linguaggi scervellati. E piste fuorvianti, false soluzioni (nell'intrigo, negli inviti registici) che mutano l'evidenza in incertezza.

SCREAM, allora, si moltiplica, si fa gioco di specchi, di continui rinvii: dalla pratica risale alla teoria. Se da un lato racconta con golosità una storia (con tutti gli ingredienti del genere, ma pure con una buona dose di humour dissacrante: mai visto un killer perverso prendersi tante porte sbattute sul naso...) dall'altro si premura di farci sapere di come stanno effettivamente le cose: la realtà è pensata, messa in scena da qualcuno che vuol riproporre in vita ciò che ha scoperto al cinema. Il gioco è chiaro, la macchinazione evidente, la nostra paura svanita?

Per nulla, poiché il potere di identificazione dell'immagine cinematografica riprende immediatamente vigore, non appena la cinepresa abbandona il demiurgo per occuparsi delle povere vittime.

Nella sapienza di questo gioco di rimbalzi estetici il film acquista il senso di una preziosa riflessione. Non solo smaliziata, ma soprattutto morale. E destinata in primo luogo a chi ha frettolosamente concluso che se la violenza ci circonda, la colpa è tutta del cinema.


   Il film in Internet (Google)

Per informazioni o commenti: info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch

 
Elenco in ordine


Ricerca






capolavoro


da vedere assolutamente


da vedere


da vedere eventualmente


da evitare

© Copyright Fabio Fumagalli 2024 
P NON DEFINITO  Modifica la scheda